La lenta ripresa dell’industria turistica del Vietnam

Posted by Written by Mark Barnes Reading Time: 7 minutes

Nonostante nel 2022 gli operatori del turismo regionale del Vietnam siano rimbalzati a circa il 25% dei numeri pre-pandemia, il Paese ha perso terreno. Questo articolo ne analizza i motivi, cercando di capire quali potrebbero essere gli sviluppi e come le aziende straniere potrebbero potenzialmente beneficiarne.

Non appena è diventato chiaro che la pandemia da COVID-19 avrebbe scaturito effetti devastanti, il Vietnam ha chiuso i propri confini. Ed è stato uno dei primi Paesi a farlo, seguito rapidamente da molti altri.

In seguito a questo blocco repentino, i voli sono rimasti a terra, i ristoranti e gli hotspot turistici come il Turtle Lake di Hanoi e la Beer Street di Ho Chi Minh City sono stati chiusi.

Ma mentre quel primo lockdown iniziale per la maggior parte delle imprese è stato breve – in alcuni luoghi solo poche settimane – per il settore turistico è stato l’inizio di un lungo periodo di licenziamenti, fallimenti e sofferenze finanziarie, non ancora giunto al termine.

Cosa è successo? Come è successo? Quale sarà il prossimo passo? E quali sono le opportunità per le imprese straniere?

Un cambio di rotta verso il turismo domestico

Quando le città hanno riaperto, dopo quel primo breve lockdown iniziale, il panorama turistico era cambiato notevolmente. Con l’assenza dei turisti stranieri, le imprese turistiche del Vietnam hanno rapidamente spostato la loro attenzione sui viaggiatori nazionali.

Ma i Vietnamiti non viaggiano come le loro controparti straniere. In particolare, la loro spesa media ammonta a circa US$ 49 al giorno, mentre i turisti stranieri in genere spendono più del doppio – circa US $ 117 al giorno.

Inoltre, i turisti vietnamiti non solo spendono meno, ma parlano la lingua madre e hanno una profonda conoscenza dei luoghi che visitano. Ciò significa che, per loro, le tradizioni e le pratiche culturali, che sono una novità per i turisti stranieri, fanno parte della normale vita quotidiana.

Di conseguenza, il settore del turismo è dovuto necessariamente cambiare.

In particolare, con gli arrivi internazionali quasi azzerati, le competenze linguistiche che erano state un enorme punto di forza per i lavoratori del turismo vietnamita non sono più state necessarie.

Questo è stato, tuttavia, un evento fortuito. Infatti, con il declino del turismo, sono aumentati i servizi digitali transfrontalieri. In Vietnam le aziende tecnologiche sono prosperate con la vendita online di videogiochi, applicazioni per telefoni cellulari e una vasta gamma di software, rivolta alle persone in isolamento di tutto il mondo. E, con l’aumento delle vendite, sono aumentati anche i team per l’assistenza ai clienti, con l’assunzione di un gran numero di lavoratori con competenze linguistiche.

Questo ha pertanto rappresentato anche un vantaggio, sia perché i datori di lavoro hanno potuto evitare molti licenziamenti, sia perche molti lavoratori non sono rimasti troppo a lungo senza lavoro. Inoltre, poiché la pandemia continuava e molti lavoratori del settore turistico stavano trovando nuovi percorsi di carriera, il rischio di perdere una generazione di lavoratori avrebbe portato con sé un’enorme ricchezza in termini di memoria istituzionale.

Cambiamenti nella politica sull’immigrazione

Con la riduzione del settore turistico, stava emergendo un altro problema.

In Vietnam erano in corso una revisione della politica sull’immigrazione e una serie di cambiamenti importanti riguardanti l’accesso e la mobilità.

Prima del COVID la maggior parte dei turisti, se proveniente da uno dei 25 Paesi autorizzati, passava attraverso l’ufficio immigrazione senza visto o con un visto elettronico ottenibile online, valido da 30 a 90 giorni.

Durante il COVID-19 i visti turistici di 90 giorni sono stati definitivamente eliminati (con l’eccezione delle persone iscritte ai pacchetti turistici). In futuro i turisti, se vorranno rimanere più a lungo dei 30 giorni previsti, dovranno richiedere l’estensione del visto.

Non è chiaro quale sia stato il motivo all’origine di questa modifica; apparentemente, era una mossa per ricevere gli stranieri in Vietnam con dei visti adeguati – prima della pandemia era normale per i lavoratori stranieri rimanere nel Paese con visti turistici di 90 giorni, rinnovabili a seguito di gite di un giorno a Bangkok, a cadenza trimestrale.

Con le frontiere chiuse, tuttavia, era difficile accertare l’impatto che avrebbero avuto questi cambiamenti. Di conseguenza, con la loro entrata in vigore, nel luglio del 2020, sono passati per lo più inosservati, celati dietro le restrizioni frontaliere del Vietnam.

Tentativi di apertura nel 2021

All’inizio del 2021, il COVID-19, che era rimasto relativamente contenuto per oltre un anno, ha colpito duramente il Vietnam, devastandone le città e con dure ripercussioni anche per molte imprese turistiche.

Si stima che, alla fine del 2021, il 90-95% delle imprese turistiche abbia chiuso definitivamente i battenti o abbia cambiato le proprie attività principali: il settore del turismo era in via di esaurimento.

Ma c’era ancora speranza. I tassi di vaccinazione erano in aumento ed era stato approvato il programma pilota “travel bubble” per l’isola di Phu Quoc, al largo della costa meridionale del Vietnam. A novembre, 209 turisti coreani sarebbero arrivati sull’isola con un pacchetto vacanza di quattro giorni e tre notti, completo di garanzie COVID-19.

Questa è stata solo una goccia nell’oceano, se paragonata al buco delle entrate turistiche da 32 miliardi di dollari creato dalla pandemia.

Per rilanciare il settore, le restrizioni di viaggio si sarebbero dovute eliminare completamente.

Detto questo, all’inizio del 2022, le nuvole scure sull’industria del turismo del Vietnam hanno iniziato a diradarsi quando, il 14 febbraio, si è deciso di riaprire il Paese al turismo, un mese dopo: il 15 marzo. Si poteva quasi sentire il sospiro di sollievo dell’industria del turismo.

Questo ottimismo, tuttavia, sarebbe durato poco in quanto solo 10 giorni dopo la Russia avrebbe invaso l’Ucraina.

Le sanzioni russe colpiscono l’industria turistica del Vietnam

Il settore turistico del Vietnam dipende fortemente da alcune località chiave, spesso frequentate da turisti di nazionalità specifiche. Di conseguenza, ci si aspettava che l’assenza di viaggiatori russi avrebbe avuto un impatto contenuto.

Nelle città costiere come Nha Trang, la maggior parte della segnaletica, compresi i menu e i listini prezzi, è scritta in lingua russa, seguita dall’Inglese. I turisti russi sono stati una fonte significativa di reddito per le città turistiche costiere del Vietnam, specialmente durante i mesi invernali, quando ricercano climi più caldi. Persistono inoltre i legami di lunga data dai giorni sovietici della Russia.

Tuttavia, a causa dell’esclusione della Russia da parte del sistema bancario globale e dell’economia in difficoltà del Paese sotto sanzioni, le vacanze all’estero stavano diventando per i Russi sempre più difficili e costose. Anche i voli tra il Vietnam e la Russia sono stati sospesi, costringendo i turisti russi a transitare attraverso Paesi terzi e rendendo più costosi i viaggi in Vietnam.

La Cina mantiene la politica COVID-zero per la maggior parte del 2022

Nonostante la mancanza di turisti russi abbia indubbiamente avuto delle conseguenze, è stata l’assenza di turisti cinesi a frenare seriamente il settore turistico del Vietnam.

Per la maggior parte del 2022, il vicino settentrionale del Vietnam ha ostinatamente rifiutato di riaprire i suoi confini, tagliando fuori la più grande fonte di turisti stranieri del Vietnam: nel 2019, i visitatori cinesi hanno rappresentato oltre un quarto degli arrivi internazionali del Vietnam.

Di seguito, quando il 15 marzo i confini sono stati finalmente riaperti, i festeggiamenti sono stati piuttosto limitati: il settore turistico del Vietnam non era ancora fuori dai guai e avrebbe continuato a lottare ancora per qualche tempo.

Un anno dopo Opportunità per gli investitori stranieri

La risposta della comunità internazionale dei viaggiatori alla riapertura del Vietnam è stata, nel migliore dei casi, poco brillante. Nonostante i pesanti sconti su voli e alloggi, il drago nascente ha lottato per ridare vita al proprio settore turistico.

Nel 2022, il Vietnam ha accolto solo 3,6 milioni di turisti, circa il 18% rispetto ai 19 milioni pre-pandemia. Al contrario, la Thailandia ha accolto 10 milioni di turisti, il 25% del suo traffico del 2019 (che era di 40 milioni), e l’Indonesia ha contato 4,6 milioni di ospiti, poco più del 28% dei 16 milioni di arrivi del 2019.

La riforma dei visti è stata indicata dalle autorità come un modo per dare al settore una spinta particolarmente necessaria. La scorsa settimana, il Governo vietnamita ha annunciato che avrebbe presentato all’Assemblea nazionale un progetto di legge per estendere i periodi senza visto a 30 giorni e riportare i visti turistici a 3 mesi, per far rimanere più a lungo i turisti in Vietnam, con le evidenti ricadute economiche che questo può comportare.

La Cina ha anche riaperto i suoi confini ad alcuni Paesi selezionati e il Vietnam è rientrato nella lista.

Ma la Russia è un altro punto dolente. Il Vietnam ha accolto meno di 40.000 turisti russi nel 2022, ben al di sotto dei 650.000 nell’anno pre-pandemia 2019. Il ritorno di questi numeri alla normalità dipenderà da fattori esterni ben al di fuori del controllo del Vietnam.

Detto questo, il Vietnam dovrà ancora affrontare criticità interne per rendere il suo settore turistico a prova di futuro, inclusi i problemi di sostenibilità, profondamente radicati nel Paese. Nel 2021, Euromonitor International ha classificato la nazione del sud-est asiatico al 96 ° posto su 99 nel suo indice di sostenibilità del turismo. I rifiuti sulle spiagge del Vietnam e l’inquinamento delle acque stanno diventando, per i visitatori stranieri, sempre più scoraggianti.

Questo potrebbe essere in parte il motivo per cui il suo tasso di gradimento tra i turisti è relativamente basso. Solo il 5% dei turisti torna in Vietnam; in confronto, in Thailandia, questo dato arriva a circa il 50%. Questo problema dovrà essere affrontato al più presto per garantire la sopravvivenza del settore nel lungo termine.

Per ora, tuttavia, è tornata ancora una volta una certa aria di ottimismo, con le modifiche ai visti e la riapertura della Cina, che dovrebbero dare al settore il vantaggio di cui ha disperatamente bisogno.

Opportunità per gli investitori stranieri

Il costo economico delle chiusure prolungate delle frontiere continua a pesare notevolmente sul settore turistico. I media locali sono costellati di hotel in vendita mentre i proprietari lottano per tirare avanti.

Il famoso “Hotel d’oro” del Vietnam (il Dolce di Wyndham) è in vendia. Anche se si spera che l’hotel di Hanoi possa fruttare ai suoi proprietari l’ingente prezzo di 200 milioni di dollari, si tratta di una cifra elevata e ci sono opzioni a prezzi molto più contenuti.

Nelle città costiere come Danang, i progetti di costruzione quasi ultimati rimangono inattivi per la mancanza di fondi degli impresari. Anche le imprese esistenti sono affamate di liquidità e desiderose di convergere in progetti di joint-venture. Questa potrebbe essere una buona opportunità per gli albergatori stranieri di entrare nel mercato a prezzi scontati.

Anche l’ospitalità, i ristoranti e i bar sono scomparsi, in molte località, a causa della diminuzione della domanda. Gli investitori che hanno la possibilità di aspettare, potrebbero prendere in considerazione l’idea di entrare nel mercato ora, e cavalcare l’onda della ripresa, quando inevitabilmente arriverà.

I tour operator stranieri potrebbero inoltre considerare questa l’occasione ideale per provare a organizzare tour nella nazione del sud-est asiatico. Con l’eccesso di capacità negli hotel e nei servizi turistici, possono essere offerti forti sconti. Potrebbero anche trovare le folle pre-COVID notevolmente ridotte ed offrire così ai visitatori un’esperienza unica e più tranquilla.

Il futuro del settore turistico vietnamita

Il settore del turismo vietnamita ha visto 2,69 milioni di turisti nel primo trimestre del 2023, che rappresentano il 33% degli 8 milioni di arrivi internazionali previsti entro la fine dell’anno. Ciò ha contribuito a circa 6,85 miliardi di dollari di entrate attraverso i servizi di alloggio e ristorazione.

Nonostante questi numeri siano ancora al di sotto dei livelli pre-pandemia, il Paese è ripartito con un inizio promettente. Il settore del turismo sembra rispondere bene alle sfide economiche globali, anche se parte da un punto relativamente basso.

È essenziale che in futuro l’industria continui la sua ripresa sostenibile e resiliente. Ciò non solo andrà a beneficio dell’economia, ma garantirà anche che i visitatori stranieri possano godere delle attrazioni turistiche del Vietnam per gli anni a venire.